Tratto da “A Crìa da Cumpagnia Armasca” – n. 59 – II Trimestre 2019
Ancora negli anni venti, sull’estremo lembo che si sporge in mare del promontorio della Fortezza, esisteva un antico basamento in pietra, che qualcuno riuscì a fotografare, prima della sua distruzione.
Si ergeva compatto, come se in un tempo remoto avesse ospitato, non si sa quale cimelio: forse era a supporto della stessa famosa lapide ritrovata nei ruderi dell’antico “Castellum II°” nella costruzione della stessa fortezza (1565).
La lapide, ancora in ottimo stato, ricorda la ricostruzione del “Castellum” da parte di Marco Valerio Caminate, ”Magister itenerum”, parente di Giulio Cesare, soprintendente alla percorribilità della Via Romana, che transitava proprio in loco. Il Console romano di ritorno dalle Gallie, nel I°secolo d.C., fece ricostruire il Castellum, distrutto in precedenti battaglie.
La lapide ricorderebbe una importante vittoria riportata sulle Tribù Liguri Ingaune-Intemelie e la ricostruzione del Castellum.
La lapide che risulta essere custodita in una abitazione privata riporta questa scritta:
Alla Vittoria dell’Eterno Invitto Giove Ottimo Massimo, Marco Valerio Caminate restauratore del Castello” – Autolycus.
La parola “autolycus” posta in calce, ha diverse interpretazioni da parte degli studiosi e potrebbe significare: “fatto di sua propria iniziativa”.
La struttura del forte invece, è ormai ridotta in uno stato di desolante disfacimento e abbandono così come un po’ tutta l’area adiacente alla Grotta preistorica dell’Arma.