Tratto da “A Crìa da Cumpagnia Armasca” – n. 53 – II Trimestre 2017
Abbiamo illustrato nei precedenti numeri del nostro giornale le Vie più importanti della nostra cittadina, ma per chiudere il nostro itinerario, non possiamo dimenticare Via San Giuseppe, nel Borgo marinaro. Cuore antico della vecchia Arma, vi abitavano armatori, capitani di mare, marinai, pescatori e tanti artigiani con le loro botteghe. Prese il nome nei primi anni dell’800 dall’omonima Chiesa che vi fu eretta precisamente duecento anni fa. Si rende tuttavia aprire una parentesi storica su questo antico tratto di strada. In passato prendeva il nome di Via Nazionale Aurelia, che attraversava tutto il nostro territorio.
Nel 13° secolo a.C. in seguito al riordino degli itinerari stradali voluto dall’Imperatore Augusto, la Via Aurelia fu portata a termine da Vado ad Arles e fu denominata ”Via Aurelia Augusta” che si snodava sull’antico percorso della Via Romana, attraversando la nostra piana, spingendosi fino al mare, da Capo Don al Castrum Alme, sul promontorio della cinquecentesca Fortezza.
La Via San Giuseppe e l’area adiacente, non è altro che un centro storico importantissimo, ma purtroppo molto, ma molto dimenticato… La strada del 1600, che collegava il Santuario dalla Via San Giuseppe è nel completo abbandono, ricettacolo di ogni genere di rifiuti,come pure l’area del Forte, ormai ridotto a rudere, più nessuno se ne preoccupa.
La Via rimase, fino all’evento della variante dell’Aurelia, avvenuta negli anni ’40, una arteria principale, sia per il traffico veicolare che per il commercio.
In essa esistevano molte botteghe e magazzini artigianali, dove si svolgevano le più disparate attività. Molte cantine erano adibite a depositi di olio d’oliva, venivano usate per il deposito del carbone, sbarcato dalle navi, alla sommità vi era la villa dell’Ing. Comanedi, quello che ricostruì Bussana dopo il terremoto, vi abitò per molti anni la vecchia ”Severina”. Negli anni ’40 la villa fu sede di un comando armato tedesco.
“Guido il sarto”, cuciva, stirava, nel suo negozietto alla sommità della salita, vi era una attività commerciale molto attiva nella fabbricazione di botti, nel magazzino del “Toscano” si confezionavano ceste di canna per i fiori, ”Nino dei sacchi” commerciava i sacchi dalla pesante tela juta, “Davidde u scarpà” confezionava i lumini di cera per la festa di Sant’Erasmo. ”Cichè” gestiva l’osteria, che poi divenne “Fernanda”, ”Gemma” aveva un avviato negozio di generi alimentari, “Ivo” il sarto, aveva un rinomato negozio di tessuti “Beppe” Bruzzone era la “Guardia municipale”, un certo “Ciani” vendeva il vino in fiaschi.
”U pumpian” dal suo forno, assieme a quello di ”Orazio” fornivano il pane a tutta la comunità. “Picivò e Papaleta” gestiva ognuno una barberia. ”Giacumolo” aggiustava le biciclette e “Gian u tabachin” vendeva sale e tabacchi, soprattutto sigari.
Sulle antiche mura esistono ancora oggi dei grossi anelli in ferro dove venivano legate coppie di cavalli che servivano a sostegno di quei carri, che carichi di pesanti materiali, dovevano affrontare la dura salita. Nel dialetto locale la via veniva chiamata “la muntà” e le famiglie che abitavano in cima alla via, erano dette ”cheli da muntà”.